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FACCIAMO I FANTASMI__1__ La premessa

Aggiornamento: 19 mar 2020


La prima parte della programmazione pubblica della stagione 2019/20, avviata a ottobre, si è conclusa a gennaio con l’emozionante conversazione spettacolo di Sasà Striano, passando nei mesi precedenti attraverso l’apertura con la Compagnia della Sala Prove in Tutto ricordare, tutto dimenticare, ispirato a Pinocchio, e i due lavori tra teatro e musica, Altro, oltre me e Altro, oltre noi, realizzati dalla stessa Compagnia con la collaborazione di Tommaso Scarimbolo. Il cammino ora continua: la Compagnia si sta ricomponendo e tema di lavoro è un testo di Pirandello, I giganti della montagna. Non per metterlo in scena così com’è, bensì raccogliendone alcune suggestioni, prime tra tutte i personaggi degli Scalognati e le parole di Cotrone, il “mago”, che ne è a capo e vive con loro in una Villa isolata e lontana facendo spettacoli che nascono dai propri sogni e che hanno spettatori se stessi. Sono suggestioni che hanno nutrito e stanno nutrendo il lavoro della Compagnia, in vista di una performance tra teatro, musica e poesia nelle cinque serate pubbliche di spettacolo della seconda edizione di Way Out – visioni e suoni per un teatro altrove: Facciamo i fantasmi.



Ora, in questo questo cammino verso Way Out abbiamo pensato di rompere il canonico confine che ci separa dagli spettatori e dagli artisti che ci seguono o a cui piacerebbe seguire il nostro lavoro, avviando un “cammino partecipato”: oltre la Compagnia della Sala Prove, vogliamo coinvolgere, nella composizione drammaturgica e nella performance finale, spettatori e artisti esterni, per un evento tra teatro, musica e poesia profondamente condiviso. Nel testo di Pirandello, incompiuto, l’isolamento per gli Scalognati e Cotrone è una scelta provocata dall’imbarbarimento della società circostante e dalla sordità crescente di essa (ne sono immagine concreta i Giganti del titolo dell’opera) per l’arte e la poesia, compiendo una sorta di atto di resistenza verso questo decadimento. La rotta della nostra composizione drammaturgica e scenica si sovrappone a questa scelta di resistenza, facendola propria e chiamando a condividerla spettatori e artisti esterni. Ovvero, ci piacerebbe che ci percepissimo tutti un po’ come gli Scalognati dell’opera pirandelliana e provassimo insieme, attraverso il filtro dell’arte e della poesia, a dare voce e corpo scenico ai nostri fantasmi, alla nostra “anima che parla chi sa da dove”. Generando così un paradosso: rompere l’isolamento della Villa degli Scalognati proprio “emarginandoci” nel lavoro artistico con la Compagnia della Sala Prove, che opera in un istituto penale, riconoscendo però pubblicamente tale lavoro come occasione e luogo di straordinaria apertura artistica e pertanto civile.



Agli spettatori, attraverso questo link e a partire da suggestioni del testo di Pirandello, chiediamo pertanto di produrre brevi scritture che via via raccoglieremo e nutriranno la composizione drammaturgica del nostro lavoro in sala. Per l’elaborazione della materia via via prodotta saranno nostri complici tre artisti esterni al lavoro della Compagnia della Sala Prove che hanno generosamente offerto la loro collaborazione: Giuseppe Semeraro (attore, regista, poeta); Riccardo Spagnulo (attore, drammaturgo); Tommaso Scarimbolo (musicista). Per la Compagnia la loro partecipazione è emblema di uno scambio proficuo tra artisti che credono profondamente nella necessità umana, prima che civile, del proprio impegno professionale. Li ringraziamo di cuore per aver accolto l’invito a condividere il processo di lavoro e insieme a tutti, Compagnia e spettatori, praticare questo prezioso atto di resistenza. Perché di questo si tratta: compiere insieme, artisti e spettatori di dentro e di fuori, un atto di resistenza. Ovvero, tutti insieme, Compagnia, artisti e spettatori, proveremo a fare comunità nell’impegno concreto di sostenere la diffusione sul territorio del luogo Sala Prove come spazio di cultura. E poter dire dunque a tutti coloro che credono nel teatro e nell’arte come una straordinaria opportunità di crescita civile cui nessuno può e deve rinunciare, con le parole di Cotrone: “Ebbene, signori, come si diceva un tempo ai pellegrini: sciogliete i calzari e deponete il bordone. Siete arrivati alla vostra mèta”.


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